Il centro storico spezzanese, oltre che per la bellezza e l’importanza delle chiese e dei vari palazzi al suo interno, costituisce un punto di interesse etnico-culturale, in quanto rispecchia, sotto vari aspetti, l’impianto urbano tipico di molte comunità arbëreshe. In esso, infatti, permangono tracce di un’originale divisione in gjitonie. La gjitonia è costituita da uno spiazzo (sheshi) attorno al quale sorgono quattro o cinque case che verso di esso rivolgono le proprie porte. La disposizione spaziale della gjitonia, quindi, si basa su un nucleo di case con l’ingresso rivolto verso un piccolo spiazzo che si collega in forma circolare per mezzo di sentieri pedonali (rruge) ad altre gjitonie per confluire in un’unica grande arteria (udha e madhe), che immette nella piazza principale (solitamente sheshi i qishës), nei luoghi di lavoro e nella zona delle fontane.
Il villaggio arbëresh nasce come aggregato di più gjitonie, con la caratteristica forma a cerchi giustapposti. L’aggregato di più gjitonie forma una zona, più zone il villaggio/paese. L’ambiente urbano si sviluppa, quindi, seguendo linee curve corrispondenti alle linee altimetriche o alle vie di comunicazione preesistenti.
La gjitonia, come elemento urbanistico, ebbe un’immediata funzione sociale: essa divenne un microcosmo urbano la cui popolazione corrispondente è posta in posizione intermedia tra la famiglia e la comunità del villaggio. La gjitonia come gruppo sociale ha avuto origine, probabilmente, nella struttura di clan che gli arbëreshë possedevano al loro arrivo in Italia. Essa diventa la proiezione del privato nel gruppo, in un primo momento per una scelta obbligata di difesa, successivamente come struttura fondamentale della cultura arbëreshe.
La tipica casa arbëreshe è del modello “a profferlo”, ossia con uno sviluppo verticale a due piani collegati tra loro da una scala esterna. Mentre il piano inferiore (katoqi) è solitamente utilizzato come magazzino-stalla, quello superiore funge da abitazione. L’ambiente di lavoro, lungi dal ridursi alla sola casa, si apre all’esterno nello spiazzo, collegandosi con le altre famiglie della gjitonia. La gjitonia diviene, allora, la continuazione della casa in strada. La vita di tutti i membri delle famiglie con l’accesso alle case rivolte allo spiazzo si realizzava quasi sempre in un costante rapporto di interrelazione o azione comune.
Il primo ad intuire una diversità di atteggiamenti tra arbëreshë e calabresi, a proposito dell’utilizzo della casa e dello spiazzo antistante, fu lo scrittore inglese Norman Douglas con il suo libro Old Calabria, nel quale racconta il viaggio da lui compiuto in questa regione tra il 1907 e il 1911. Egli afferma che «…manca qui il senso della casa come punto di riferimento topografico fisso e preesistente…loro considerano la “casa” non come centro geografico, ma sociale, passibile di venir trasferito da un luogo all’altro; dovunque sono “a casa” purché il loro clan sia riunito intorno a loro».